sabato 30 gennaio 2016

Famiglia vs Cirinnà


davanti al Senato durante l'inizio 
della discussione del Ddl Cirinna'!
In prima linea ancora una volta 
in difesa della Famiglia 
contro l'intenzione di chi, 
in nome di uno squallido 
ed ideologico progressismo, 
vuole mettere in vendita la Vita un bambino!
Ringraziamo Giorgia Meloni 
per aver dato voce alla manifestazione di oggi!
Ci vediamo sabato 30 al Circo Massimo 
per difendere i diritti dei bambini ad avere una mamma e un papà!

Chi si dovrebbe nascondere...


Martedì sera, in occasione dell’incontro istituzionale tra il premier Renzi e il presidente dell’Iran Rouhani in Campidoglio, alcune statue di nudo esposte nei Musei Capitolini sono state coperte con dei pannelli per non offendere la sensibilità di Teheran. Una scena già vista a Firenze, quando una statua di nudo esposta a Palazzo Vecchio è stata coperta per non infastidire lo sceicco principe ereditario degli Emirati Arabi. Il livello di sudditanza culturale di Renzi e della sinistra ha superato ogni limite di decenza. A questo punto ci chiediamo che cosa avrà in mente Renzi per l’arrivo in Italia dell’emiro del Qatar previsto in settimana: coprire la Basilica di San Pietro con un enorme scatolone?

venerdì 22 gennaio 2016

Giorgia Meloni, la sfida a Renzi: "Lo Stato risarcisca le vittime dei clandestini"



da liberoquotidiano.it

"Noi chiediamo che lo Stato risarcisca le vittime dei reati commessi da persone che non dovevano essere lì in quel momento, dunque beneficiari di svuota carceri e clandestini. Se liberi per incapacità dello Stato di gestire determinate emergenze, è
giusto che paghi lo Stato e risarcisca le vittime". È la proposta di Giorgia Meloni, uno dei punti centrali del "pacchetto sicurezza" messo a punto da Fratelli d'Italia-An. "Sfidiamo il governo a valutare questo pacchetto - dice la presidente di Fdi-An -, ci accusano sempre di soffiare sul fuoco della demagogia e della propaganda, queste sono proposte concrete". Per la Meloni, "la
sicurezza è una precondizione di libertà, lo strumento principe che lo Stato ha per difendere i più deboli. Con questo pacchetto, cerchiamo di intervenire a 360 gradi", partendo dalla "certezza della pena, un principio che vogliamo ripristinare. In Italia ci sono stati 5 decreti svuota-carceri in 4 anni, in galera non ci si finisce più. Noi vogliamo combattere il lassismo buonista che ha finito per farci trovare davanti a uno Stato più vicino ai carnefici che alle vittime". "Nell'ultimo anno - rimarca - tra i denunciati a piede libero gli stranieri sono stati il 54,2%, tra gli arrestati il 62%, tra i detenuti il 42,3%".

Il registro delle moschee - Il pacchetto, come ricordato in conferenza stampa dall'ex ministro Ignazio La Russa, prevede anche "l'istituzione del registro pubblico delle moschee" e disposizioni in materia di imam: tra queste l'obbligo dell'uso della lingua italiana durante i sermoni. "L'incremento della spinta terroristica legata al fondamentalismo islamico e la crisi economica - rimarca il capogruppo alla Camera Fabio Rampelli - costituiscono un combinato disposto che dovrebbe convincere anche i più riottosi a intervenire sul fronte sicurezza".

martedì 19 gennaio 2016

A Jan Palach


1000 LUCI PER L'EUROPA, IN RICORDO DI JAN PALACH 

Abbiamo scelto di pubblicare oggi, a 47 anni esatti dalla sua morte, l'iniziativa fatta sabato scorso 16 gennaio, giorno in cui ricorreva l'anniversario di quel gesto estremo nella piazza centrale di Praga.
Mille luci lanciate in cielo dal cuore di Roma, in ricordo di quello che fu il primo atto della sfida di tanti giovani studenti contro chi opprimeva il loro popolo, la loro terra.
Se a distanza di così tanti anni quel loro sacrificio continua a viaggiare nella storia è perché l'Europa la libertà, quella vera, è ancora lontana dal conquistarla.

giovedì 7 gennaio 2016

Acca Larenzia



da maurizio lupini
 

“Entrammo nella vita dalla porta sbagliata”, queste parole di Massimo Morsello, cantautore e militante della destra, sono in una delle sue canzoni che più amo, dedicata a quella generazione militante che aveva vissuto  gli anni di piombo. Sulla sua stessa pelle.
Una generazione di ragazzi, una generazione che sognava di poter cambiare il mondo, di fare “la rivoluzione” per renderlo più giusto e migliore. Erano tempi in cui fare militanza a destra era difficile  e decidere di appartenere a quell’ambiente era come fare un patto con il destino avverso. Era il sette gennaio  1978, un sabato, era una fredda giornata invernale nuvolosa e cupa,  quasi a presagire un qualcosa di negativo nell’aria. Già dalla prima mattina, durante l’affissione in via Appia, per la manifestazione – concerto degli Amici del Vento, che si sarebbe dovuta tenere il giorno successivo,  vi furono le prime avvisaglie: fummo attaccati da appartenenti della estrema sinistra,  in particolare ad Autonomia Operaia.

Eppure non era che una delle tante scaramucce quotidiane,  che mai e poi mai avrebbe, comunque, fatto paventare  quello che, solo poche ore dopo sarebbe avvenuto.
Erano circa le 16,00, come al solito si trascorreva il tempo insieme, e si discuteva, in sezione,
quando ci pervenne la notizia di un volantinaggio in Prati, e gran parte dei militanti presenti nella sede di Acca Larentia, sempre molto affollata, si mosse da lì per andarvi a partecipare, mentre noi rimanemmo, in quattro. Eravamo Franco, Francesco, Enzo ed io. Era una serata come tante. Sembrava una serata come tante.  Ma avrebbe cambiato tutto.

Verso le 17,00 arrivò Pino e decidemmo tutti insieme di andare in Prati per raggiungere gli altri. Uscendo per ultimo, spensi la luce, e mi avviai verso la porta, al seguito degli altri quattro, che erano ormai fuori… L’ultimo di loro, aveva  lasciato sulla porta un messaggio, per un amico che sarebbe dovuto passare, con scritto “ci vediamo domani”, firmato “DONFRA”…Quel ragazzo aveva 19 anni, si chiamava Franco Ciavatta,  era buono come il pane, e solido come una roccia, ed era soprannominato “DONFRA”…

Nessuno avrebbe potuto mai credere che, di lì a pochi istanti, non avrebbe più avuto un domani...  Spensi la luce raggiunsi all’entrata gli altri e, poco prima che alle nostre spalle si richiudesse la porta, fummo investiti da un’intensa raffica di colpi. Agli aggressori la porta era parsa ormai chiusa, e credettero di inchiodarci tutti sul posto, con il fuoco incrociato, poi rivelatosi quello di varie armi, fra le quali la famigerata mitraglietta skorpion che già tanti delitti aveva compiuto, mossa da mani assassine. Fummo, appunto, investiti da quella raffica di colpi,  e venni letteralmente scaraventato all’interno, tanto che mi ritrovai sul pavimento, e dopo un attimo di panico, miracolosamente riuscii a sbattere la porta blindata, mentre all’esterno voci imprecavano per non essere riusciti pienamente nel vile intento di  ammazzarci tutti.

D’altronde erano giorni  difficili, l’ho già accennato, giorni in cui la parte avversa restava solitamente impunita, e urlava tronfia lo slogan che all’epoca imperava: “uccidere un fascista non è reato”. 
All’interno della sede, ci eravamo, come per  istinto, sdraiati in terra, al buio, ma non eravamo tutti illesi…Enzo sanguinava copiosamente… e qualcuno di noi mancava all’appello: avevo negli occhi Franco, sbalzato in aria dalla potenza d’urto dei proiettili che lo avevano colpito.
Era caduto e non l’avevo visto rialzarsi. Riaccesi la luce, e percepimmo l’enormità di quello che stava accadendo. La mostruosità di quanto era accaduto. Si vedevano scivolare verso l’interno, rivoli di sangue, che entravano da sotto la porta,  eppure, mai e poi mai, con la incoscienza dei miei, dei nostri venti anni, avemmo ad immaginare, in quei pochi attimi che furono necessari perché riaprissimo la porta, quel che ci saremmo trovati davanti.

Rimanemmo attoniti, quando, usciti in fretta, dovemmo bloccarci all’unisono, vedendo il corpo esanime di Franco Bigonzetti, riverso, inerme, crivellato di colpi, disarmato, come tutti noi, davanti all’agguato di vigliacchi ancora senza nome. A 38 anni di distanza.
In quel momento non potevamo esserne ancora pienamente consapevoli, ma stavamo muovendo i primi passi in un mondo che non sarebbe mai più tornato ad essere quello che era, o sembrava, “prima”. Eravamo come sospesi in un tempo senza tempo, come assistessimo dall’esterno a scene in cui vedevamo noi stessi muoverci,  e qualcuno di noi non muoversi più, restare esanime, al suolo. Sembrava un incubo, una situazione irreale, era come non riuscissimo a renderci conto che, quello che era avvenuto, era avvenuto veramente, non era un film, ma una terribile realtà.  Sentimmo chiamarci dal primo piano del palazzo soprastante la sede, da una voce concitata ed atterrita: una signora ci disse che un altro ragazzo era a terra, dall’altra parte della rampa di scale, verso via delle cave.

Mi mossi più veloce che potei, con un nodo in gola ed un buco nello stomaco, saltai i gradini a grandi balzi, e mi ritrovai sul marciapiede… Franco Ciavatta era lì, steso, sofferente, il mio inseparabile amico e camerata aveva bisogno di me:  “aiutami Maurì me brucio tutto dentro”, così mi disse, con una voce flebile, risoltasi in un sussurrìo. Gli avevano sparato, e sparato ancora,  non paghi di averlo ferito, vollero ucciderlo. Lo presi fra le braccia, chiamammo un’ambulanza … finchè l’ambulanza non arrivò, continuai a parlargli, tentando di celare il mio smarrimento, tenendolo stretto in un abbraccio fraterno, sul mio cuore. E non si è mai mosso, infatti, dal mio cuore. Né lui, né gli altri Nostri Caduti, di quegli anni, molti dei Quali Amici miei.

Morirà in ospedale, Franco, al San Giovanni, poco dopo il ricovero,  per una “emorragia causata da arma da fuoco”. E’ quel che scrissero, ma non rende l’idea della sua sofferenza, della sua morte e della nostra Perdita.Né di quel che sarebbe seguito. La reazione fu veemente e militanti accorsero in via Acca Larentia, dove lo sbigottimento  seguiva l’angoscia con cui si arrivava, ed a questo, si sostituiva man mano l’indignazione, incanalandosi, fino a quel momento, in una presenza militante che andava a dare il via ad una manifestazione spontanea, ed un corteo cominciava a muoversi, ma il fato avverso non era ancora sazio.

Qualcuno degli operatori del mondo dei mass media gettò una cicca di sigaretta nel sangue versato,  che neanche si era rappreso, era ancora fresco. E, comprensibilmente, l’indignazione crebbe, cominciò a rumoreggiare … Evidentemente non tutti coloro preposti al controllo della situazione avevano il controllo di se stessi e delle proprie azioni, oppure erano stati impartiti ordini precisi, da eseguire. Non posso saperlo, ancora adesso mi domando quando potrò, potremo, accedere alla verità, ma sta di fatto che un colpo sparato dalla pistola che, fu detto,  aveva in mano il Capitano dei Carabinieri, Sivori, attinse in piena fronte Stefano Recchioni, 19 anni,  militante di un’altra storica sezione del M.S.I  e chitarrista del gruppo di musica alternativa “Janus”.  Sarebbe dovuto partire all’indomani, per vestire la divisa dei “parà”,  morirà, invece, dopo due giorni di agonia.   Ed all’indignazione seguì la rabbia.

Ero completamente ricoperto del sangue di Francesco Bigonzetti, quando rientrai a casa solo per lavarmi e cambiarmi, poi, contro il parere dei miei, tornai ad Acca Larentia, ancora camminando come in una situazione fuori della realtà,  dove, però, cominciai lentamente, inesorabilmente, a calarmi, assumendo piena e compiuta consapevolezza di quel che era accaduto, e del nel dolore immenso  che mi si propagava dentro.

Una ferita mi si era aperta, una ferita che non si sarebbe potuta  richiudersi mai più. Una ferita per una intera comunità militante, un trauma scolpito maledettamente nella mia, anzi nella nostra psiche di ragazzi ventenni. Affiggemmo uno striscione fuori la sede, con una scritta che è rimasta impressa nella mia mente: “LA LIBERTA’ NON PUO’ MORIRE A VENTANNI! Grazie, D.C.!”….
Sono passati tanti anni, troppi anni …trentotto anni. E non ho mai smesso di lottare, lottare per quei valori per quegli ideali  che vorrei trasmettere alle nuove generazioni per mantener vivo il ricordo, e la speranza. Ho dedicato ogni giorno della mia vita, da allora fino a che Dio vorrà, per Loro, che quel giorno passarono sulla riva di un altro mare.

Anche quest’anno, la nostra comunità, doverosamente fuori da ogni ipocrisia ed ogni retorica, rinnoverà ed onorerà la Memoria di FRANCO, FRANCESCO e STEFANO con un Rito religioso, in Roma, questa sera,  presso la Cripta dei  Sette SS. Martiri Fondatori di Piazza Salerno, alle ore 18,00. Sarà anche un’occasione per ritrovarsi e sentire che, come sappiamo, sono al nostro fianco.

sabato 2 gennaio 2016

Nuovo mercatino a Piazza Navona, un suk regno degli abusivi...


da iltempo.it

Piazza Navona si trasforma in suk sotto le feste di Natale. Anzi, no. Perché i suk, quelli veri, sono delle realtà saldamente ancorate alle tradizioni e alle culture del territorio; tutto quello che manca a questa piazza Navona 2.0. Del suk ha preso l'aspetto che a noi occidentali può dare più fastidio, la confusione e l'ha fatto diventare legge: a piazza Navona ognuno può fare quello che vuole. E allora, mentre il I Municipio presenta in pompa magna le onlus che hanno partecipato e vinto il bando e che hanno preso il posto dei mancati banchi commerciali e dei presepi, poco più in là ci sono decine di abusivi che vendono borse, porta selfie, sciarpe e occhiali da sole, mimi di ogni genere, artisti di strada con le bombolette spray, cinesi con banchetti di bigiotteria e altra paccottiglia. Nulla che ricordi neanche lontanamente lo storico mercatino della Befana, appuntamento amato dai romani e soprattutto dai bambini. Infatti di bambini se ne vedono pochissimi e quasi tutti ammassati sul lato della piazza dove ci sono le postazioni degli spettacoli viaggianti, giostra inclusa, la cui idoneità a stare lì è stata messa in discussione qualche mese fa dai vigili urbani, nonostante dal Municipio continuino a ripetere che ìgli uffici hanno svolto tutti gli accertamenti del caso».
Fatto è che sulla piazza da oggi monteranno gli stand di alcune delle più importanti onlus tra cui Unicef, Croce Rossa, Greenpeace e Sant'Egidio, mancherà lo stand del Gay center, forse per il polverone di polemiche che l'iniziativa aveva suscitato, si cercherà di dedicare qualche gioco e qualche laboratorio ai bambini per circa 4 ore ogni giorno fino al 6 gennaio, con l'obiettivo di archiviare le polemiche e guardare al futuro perché, come ha dichiarato a Il Tempo la presidente del I Municipio Sabrina Alfonsi, «da domani si pensa al prossimo bando».
Soddisfatto Gianfranco Mascia dei Verdi che ha fortemente voluto le onlus in piazza ma che non può fare a meno di sottolineare il dispiacere per «la mancanza di artigiani del presepe a piazza Navona». A rappresentarli c'è Paolo Padovani, presidente dell'associazione Fiera di Piazza Navona e preseparo storico. Arriva con un presepe fatto con le sue mani e continua a ripetere «mi hanno detto dal Municipio che non eravamo in possesso dei requisiti di qualità, questa non è qualità forse?». Poi la presidente Alfonsi lo avvicina e gli dice che devono iniziare la conferenza, lui ascolta le sue parole dal palco ma poco più tardi se ne va, perché ha accusato un leggero malore. Alfonsi si dichiara contenta del lavoro svolto ma poi si rammarica p er «la non presenza degli artigiani sulla piazza», anche se si affretta a sottolineare che «sono stati loro a non voler montare l'anno scorso, forse se lo avessero fatto oggi starebbero qui, come la giostra». Gli stand intanto sono lì, a zero costi per l'amministrazione ma anche a zero ricavi, visto che non hanno pagato l'occupazione di suolo pubblico. Lì ci sono gli spettacoli viaggianti, che non hanno affatto, come avevano invece dichiarato, tolto di mezzo fucili e pistole a salve, nonostante l'invito a farlo di Tronca. Il motivo? Lo spiega l'assessore al commercio Jacopo Pescetelli «non si può fare amministrativamente». Perché quelle postazioni hanno vinto un bando per l'attività che svolgono e se cambi qualcosa in corso d'opera devi modificare loro il titolo. Si è scoperto solo adesso? In piazza c'è pure il Babbo Natale che aveva vinto il bando ma che non potrebbe esserci visto che il bando è stato sospeso. Ma lui sintetizza bene il perché è arrivato con tanto di slitta e palloncini, sebbene il Natale sia già passato «tanto in piazza, di tradizionale, non è rimasto più nulla”.