martedì 17 gennaio 2017

Hiroo Onoda, «l’ultimo giapponese della giungla», è morto a 91 anni


da corriere.it

Il leggendario soldato dell’esercito che non riconobbe la resa del 1945, aveva ceduto solo nel 1974 nelle Filippine

PECHINO - È morto in pace, a 91 anni, un uomo che aveva combattuto per 29 anni una guerra che per il mondo intero era finita. Il tenente giapponese Hiroo Onoda era uno di quei soldati dell’esercito imperiale che non uscirono dalle giungle dell’Asia quando Tokyo si arrese, il 15 agosto 1945. La sua avventura cominciò nel maggio del 1945: il generale americano Douglas MacArthur aveva mantenuto la sua promessa, era tornato nelle Filippine e le aveva liberate dai giapponesi. L’esercito del Sol Levante perse decine di migliaia di uomini in quella campagna, meglio la morte della resa. Ma quando ormai era chiaro che la battaglia era persa, il tenente Onoda aveva ricevuto l’ordine di condurre azioni di guerriglia. Si nascose nella giungla dell’isola di Lubang, vicino a Luzon, ed eseguì la sua consegna. Per 29 anni, fino al 1974.

LA GUERRA INFINITA - «Ogni soldato giapponese era pronto a morire, ma io ero un ufficiale dell’intelligence, e l’ultimo ordine che ricevetti fu di condurre imboscate e azioni di guerriglia», raccontò in un’intervista nel 2010. Dopo quell’ultimo messaggio Onoda e tre suoi soldati furono tagliati fuori. Rimasero soli nella giungla.
 
LA VOCE DELL’IMPERATORE - Venne il 15 agosto del 1945. Una voce che i giapponesi comuni non avevano mai sentito parlò alla radio. Era l’imperatore Hirohito che annunciava l’impossibilità di continuare la lotta, ordinava al suo esercito di «sopportare l’insopportabile»: la resa. Una voce sconosciuta, parole colte, frasi contorte. Il tenente Onoda non le capì o comunque non ci volle credere.
 
GLI UOMINI PERDUTI - Onoda e i suoi tre soldati continuarono ad eseguire l’ultimo ordine certo ricevuto a maggio. Attaccarono villaggi, contadini. La storia dei giapponesi isolati e irriducibili che rifiutavano la fine della Seconda guerra mondiale o non ne erano a conoscenza cominciò a emergere, diventò leggenda. Ce n’erano alcune decine in diverse zone del Pacifico, fino all’isola di Guam. Furono lanciati volantini nella giungla per spiegare che era tutto finito. Onoda ne trovò più d’uno: «Ma c’erano degli errori, pensai che fosse un trucco degli americani».
 
DA SOLO - Passarono i mesi e gli anni. Uno degli uomini di Onoda fu catturato nel 1950. Altri due morirono in combattimento, l’ultimo nel 1972. Il tenente Onoda attaccava e uccideva: 30 filippini caddero nelle sue imboscate in quei 29 anni.
 
LA FINE - Tokyo aveva ospitato le Olimpiadi nel 1964, aveva firmato trattati per riallacciare le relazioni diplomatiche con tutti gli Stati della Seconda guerra mondiale. Bisognava mettere fine anche alla guerra privata del tenente Onoda. Il comando delle nuove Forze di Difesa capì che solo un uomo poteva dare il contrordine all’ultimo dei giapponesi: quell’uomo era il suo comandante del 1945, il superiore che gli aveva detto di resistere. Il vecchio ufficiale fu mandato a recuperarlo. Era il marzo del 1974. Dalla giungla filippina uscì un uomo che aveva ormai cinquant’anni, lo stesso berretto del 1945, una giubba logora, lo sguardo d’un fantasma. Ma ancora fiero: andò fino a Manila a consegnare la sua spada al presidente delle Filippine. Salutò la bandiera e si arrese. Il governo filippino gli garantì il perdono, nonostante Onoda si fosse lasciato dietro una scia di morti. In patria fu accolto da eroe. Emigrò in Brasile, aprì una fattoria, poi tornò a casa e tenne corsi di sopravvivenza. È morto ieri in pace. Dopo di lui, l’ultimo combattente a uscire dalla giungla fu il soldato semplice Teruo Nakamura, trovato in un’isola dell’Indonesia nel dicembre 1974.